Pochi sanno che fino a poco tempo fa ascoltare musica durante le competizioni agonistiche come la maratona era ufficialmente vietato dalle Federazioni Sportive, in quanto pratica equiparata al doping. Tuttora l’utilizzo di segnali acustici o luminosi per scandire il tempo o la distanza durante una prestazione è ufficialmente non consentito, perché andrebbe ad influenzare l’approccio mentale dello sportivo durante la gara.
Ed è proprio questo il punto: una performance di alto livello non è fatta solo da un insieme vincente di abilità tecniche e preparazione fisica, ma anche (e secondo molti) soprattutto da un atteggiamento e approccio mentale superiori. Lo sanno bene tutte le società e gli sportivi che si rivolgono a Coach professionisti e preparati per curare proprio questi aspetti. Esiste però oggi una nuova frontiera, un campo ancora totalmente inesplorato ma che promette risultati straordinari: il Neurodoping!
La neurostimolazione, da tempo studiata per i suoi effetti cognitivi sul cervello, viene ora usata anche per migliorare le performance sportive. L’assunto di base, dimostrato negli ultimi anni, è che l’efficienza del corpo dipende innanzitutto dal cervello.
All’Università di Harvard negli USA, attraverso una stimolazione modulata e controllata dell’attività cerebrale, stanno cercando di influenzare la risposta del cervello agli stimoli naturali che esso riceve dal corpo. Usualmente, le aree motorie del cervello sono quelle che ci consentono di eseguire il gesto tecnico, mentre le aree cognitive sono quelle che ci permettono di leggere il gioco ed elaborare una strategia sulla base della nostra esperienza, della posizione di compagni ed avversari, etc…tutto in una frazione di secondo!
Il campione dunque non è colui che corre o nuota più velocemente possibile, ma chi si coordina meglio, ragiona più in fretta e percepisce meno la fatica. Tutte qualità che possono essere migliorate con l’allenamento, ma anche con la neurostimolazione elettrica. Da un punto di vista tecnologico, essa non è altro che un flusso di corrente indotta tramite un caschetto ad elettrodi che serve a potenziare o correggere i naturali scambi elettrici delle sinapsi. Non c’è necessità di impiantare nessun elettrodo a livello cerebrale, ma si fa tutto in modo transcranico. La corrente indotta interferisce direttamente sulle aree cerebrali sottostanti. È una corrente a basso voltaggio tale da non venire neppure percepita, ma in grado di modificare l’eccitabilità corticale. Il risultato? L’area stimolata aumenta la propensione a generare attività elettrica in maniera autonoma nel lungo periodo (senza quindi la necessità di rimanere attaccati al caschetto) e, secondo i primi test effettuati ad Harvard, la performance sportiva motoria aumenta notevolmente.
C’è di più: la prestazione aumenta non solo stimolando le aree cerebrali motorie, ma anche le aree della corteccia prefrontale responsabili della percezione della fatica. Sorprendentemente l’incremento è lo stesso indipendentemente che si stimoli solo l’una o l’altra, ed ovviamente amplificato in caso si operi su entrambe. Gli stessi risultati eclatanti si ottengono anche nei risultati di coordinazione dei movimenti sulla base delle informazioni ricevute dall’occhio umano (utili ad esempio nel tennis o nei giochi di squadra), dove addirittura il punteggio dei test sotto stimolazione raddoppia rispetto a quelli senza.
La neurostimolazione funziona anche a dispositivo spento. Questo significa che tramite neurostimolatori portatili è possibile “assumere” un’adeguata dose di campi elettrici prima della prestazione sportiva, sia essa allenamento o gara, ed in venti minuti (anziché ore di esercizio) il nostro cervello è predisposto per raggiungere il top della performance.
La stimolazione elettrica transcranica non è ancora una tecnica di routine, comunemente utilizzata. Ciò significa che sono perlopiù sconosciuti tutti i vantaggi, ma anche i rischi e le conseguenze, sia sul fisico che sul cervello. Essa è oggi non regolamentata, perfettamente legale, non lascia nessuna traccia, dà risultati sorprendenti e molto promettenti, e ci si attende una diffusione (ed un abuso) sempre maggiore di questa pratica e lo sviluppo sempre maggiore di queste tecnologie. Ma quali saranno le implicazioni dal punto di vista fisico ed etico?
Con i dispositivi fai da te ed a basso costo sempre più diffusi (e di dubbia sicurezza), che rendono tutto apparentemente semplice ed alla portata di tutti, l’obiettivo degli scienziati deve essere quello di mettere in guardia e creare la giusta cultura e consapevolezza, consigliando cautela nell’esplorazione e nell’uso di una tecnologia di cui ancora non si conosce la portata degli effetti.